La crisi del letterato. Cosa si intende con ciò?
Il venir meno dell’idea di una centralità delle lettere nella formazione culturale ha, in questa seconda metà del secolo, non poca influenza su un generale ridimensionamento, e sulla conseguente trasformazione, del ruolo del letterato nel mondo intellettuale. Se la cultura illuministica trova un bersaglio polemico nella figura del letterato tradizionale, di cui va a sottolineare l’inutilità, è anche perché in essa vede il simbolo di quella simbiosi tra aristocrazia e Chiesa cui vuole opporre un nuovo ideale di cultura laica e borghese. In questo momento, di fatto, per la prima volta ai letterati si pone il problema di recuperare, o meglio di creare, un rapporto con il pubblico che non sia soltanto ideale ed estetico, ma anche pratico e remunerativo: la soddisfazione di tale esigenza, almeno in Italia, non è facile né agevole.
Nel prossimo articolo darò conto della difficoltà vissuta in tale contesto dalla situazione editoriale italiana. Vorrei invece adesso fornire alcune informazioni di massima sullo sviluppo della stampa periodica in Europa.
I primi fogli volanti affissi in bacheche, con gli avvisi delle ultime notizie cittadine appaiono a Venezia nel XVI secolo; si tratta per lo più di curiosità e notizie politiche, talvolta commerciali o relative ad arrivi e partenze navi. Non sono certamente giornali veri e propri, ma la loro tipologia si diffonde abbastanza ampiamente. Un altro tipo, anch’esso veneziano, è la gazzetta, quattro facciate con notizie tese a indirizzare l’opinione politica (e gestite preminentemente dai governi) che trae il nome dalla monetina da due centesimi che è il suo prezzo.
Il Seicento, tuttavia, è il secolo che vede la nascita delle pubblicazioni periodiche di impegno ben diverso e maggiore, dedicate inizialmente e soprattutto alle cronache librarie, corredate da recensioni, sunti, commenti intorno ai volumi di cui si dà notizia; si amplia poi via via la presenza delle discussioni e dell’informazione sui vari campi del sapere: scienze, fisica, agricoltura, botanica, commerci, letteratura, politica e costume.
Il primo e più autorevole periodico, eminentemente culturale, è il parigino “Juornal des Scavans” che inizia le sue pubblicazioni nel 1665, sostenuto dal ministro Colbert. Viene seguito subito dall’inglese “Philosophical Transactions”, più strettamente scientifico. In Italia, sul modello del giornale francese, nasce nel 1688 il “Giornale de’ letterati”, mensile romano che continua la pubblicazione fino al 1683 e che si occupa di molti campi del sapere. Venezia e Firenze, le due città che possiedono le stamperie più moderne e adeguate alle esigenze dei periodici, e anche un pubblico attento e affezionato, seguono dopo pochi anni. La patria del giornale nel senso più vicino all’accezione moderna è comunque l’Inghilterra settecentesca di “The Tatler” (1709) e soprattutto “The Spectator” di Addison e Steele (1711). Anche se viene pubblicato per un solo anno, quest’ultimo rappresenta una novità perché si propone non soltanto una corretta e aggiornata informazione culturale, ma anche un intervento diretto nella formazione dell’opinione pubblica in vista di un sostanziale rinnovamento della vita sociale e civile.
La pubblicazione dei giornali di tono più direttamente politico o che propugnano le idee della nuova cultura illuministica, di per sé fortemente impregnata di intenti pedagogici e formativi, riceve una spinta notevole in tutta Europa nella seconda metà del secolo e trova il proprio modello nel tono pungente e divertito dello “Spectator”: ad esso si ispira anche “Il Caffè” dei fratelli Verri, a sua volta modello dei giornali romantici ottocenteschi. Da sottolineare tuttavia che fino alla metà dell’Ottocento i giornali somigliano alle moderne riviste o ai settimanali di cultura piuttosto che ai quotidiani. A livello geografico, potremmo dire che il giornale settecentesco era diffuso soprattutto nei Paesi anglosassoni, dove raggiunse vendite sufficienti a mantenerlo in vita, e ciò fornisce una chiara indicazione sul livello culturale mediamente più alto di quel pubblico. Questi Paesi, e in generale quelli che hanno vissuto una riforma religiosa, presentano infatti un maggior livello di alfabetizzazione, in relazione da un lato all’esigenza protestante di leggere direttamente i testi sacri, dall’altro alle necessità indotte dall’inizio della rivoluzione industriale. Ciò favorisce logicamente l’estendersi del bisogno di informazione e divulgazione culturale anche nei ceti medio-bassi: non a caso è nell’America protestante che si diffondono capillarmente già dal XVIII secolo tanto le biblioteche di pubblica lettura, quanto i giornali e il commercio librario anche ambulante.